Prestito tra privati e decreto ingiuntivo

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Il prestito tra privati è una formula che sta sempre più prendendo piede anche in Italia. Favorita dal collo di bottiglia rappresentato dal credit crunch messo in atto dalle aziende creditizie. Una stretta motivata dal problema dei Non Performing Loans, i prestiti concessi e mai restituiti dai debitori, che hanno raggiunto livelli astronomici dopo la crisi economica del 2008.

Con l’aggravarsi della situazione verificatasi in corrispondenza con l’arrivo del Covid nel nostro Paese, che ha costretto le autorità a decretare la chiusura di un gran numero di attività produttive non essenziali, molti cittadini si sono nuovamente trovati alle prese con bilanci familiari traballanti. Cui troppo spesso è impossibile fare fronte chiedendo prestiti tradizionali a causa della mancanza di requisiti essenziali come la capacità reddituale o patrimoniale o il merito creditizio.

In questa situazione, perché non provare a chiedere un sostegno economico ad un parente o ad un conoscente stretto?

Prestiti tra privati: una formula sempre più attuale

Per prestito tra privati si intende quella formula che non prevede la presenza di una banca o di una finanziaria, ma un accordo tra due entità private. Il quale può essere oggetto di una pattuizione informale oppure comportare il ricorso ad una piattaforma online (social lending).

I vantaggi prospettati da questa soluzione sono abbastanza evidenti. Non solo si può fare a meno della fase istruttoria, considerato come spesso l’accordo avvenga tra persone che hanno rapporti di lunga data. Ma l’accordo raggiunto può rivelarsi fecondo per entrambi. Il prestatore può ricavarsi una piccola rendita superiore a quella che avrebbe tenendo i soldi immobilizzati su un conto corrente, mentre il debitore avrà una rata mensile o un piano di rientro più favorevole di quello che potrebbe spuntare presso una banca o una finanziaria.

Troppo spesso, però, il prestito tra privati viene affrontato con eccessiva allegria dalle parti interessate. Le quali dovrebbero invece utilizzare grande prudenza. Proprio perché ci possono essere di mezzo anche rapporti di parentela o amicizia da preservare. Quando ci sono dei soldi in ballo, però, la situazione può complicarsi non poco.

Prestito tra privati: il contratto non è obbligatorio, ma…

Quando si decide di dare vita ad un prestito tra privati, occorre sgombrare il campo da un equivoco: il contratto tra le parti non è obbligatorio. Anzi, si può addirittura ricorrere ad un accordo di carattere verbale, nel caso in cui il rapporto sia talmente stretto da far diventare una scrittura, anche privata, quasi un’offesa personale.

Il quale peraltro permetterebbe di risparmiare le spese di registrazione, che è un atto obbligatorio in caso di accordo scritto, per poter dare un valore legale al tutto. A meno che non si tratti di un prestito per corrispondenza o di un adempimento a termini di legge.

Se non è obbligatorio, però, il contratto scritto è altamente raccomandabile. In quanto delinea un percorso tale da poter spianare la strada al ripiano del debito contratto e di dare maggiore sicurezza al prestatore di poter comunque rientrare in possesso dei suoi soldi. A meno che il debitore non entri in una fase di difficoltà talmente acuta da essere impossibilitato a ripianare il debito contratto. O che, addirittura, non decida di venire meno alla parola data. In quel caso, proprio il contratto stipulato può diventare elemento probante per un eventuale ricorso alla giustizia ordinaria.

Se il debitore non paga, si può ricorrere alla giustizia

Le strade che si aprono al prestatore, di fronte ad un eventuale diniego del debitore sono in pratica due:

  1. nel caso in cui il debitore non abbia alcuna intenzione di onorare la parola data, lo si può denunciare per appropriazione indebita;
  2. ove si trovi in difficoltà e non sia in grado di ottemperare all’impegno stabilito in sede scritta, si può provare la strada della giustizia civile, in modo da spingere un tribunale ad emanare un decreto ingiuntivo. Persistendo l’inadempimento, si potrà procedere ad un pignoramento in grado di soddisfare, per quanto possibile, la legittima richiesta a riavere indietro quanto prestato.

Proprio per questo motivo gli esperti consigliano comunque di dare vita ad un accordo scritto, l’unico che può provare in sede giudiziaria gli effettivi contenuti della stipulazione tra le controparti. Non provvedere a questa apparente formalità apre la strada ad un contenzioso non solo lungo, ma anche tale da diminuire le possibilità di ottenere soddisfazione dalla parte lesa.

Attenzione alle modalità di trasferimento dei soldi

Sinora abbiamo ricordato la necessità del contratto scritto, strumento in grado di fungere da prova in un eventuale contenzioso.

Va sottolineato però, come anche il trasferimento del denaro dal prestatore al debitore possa trasformarsi in materiale probante.

A patto che il prestatore abbia l’accortezza di utilizzare un bonifico, nel quale sia riportata una causale molto chiara, tale da evidenziare la natura del trasferimento. Ad esempio specificando si si tratti di prestito fruttifero (comportante un determinato tasso di interesse) oppure infruttifero (ovvero gratuito).

Non è necessaria la causa ordinaria per ottenere un’ingiunzione

Altro fattore da chiarire al meglio è poi quello relativo al ricorso alla giustizia da parte del creditore il quale non riesca a rientrare in possesso dei soldi prestati.

Occorre infatti sottolineare come non sia assolutamente obbligatorio ricorrere ad una causa ordinaria per vedere riconosciuto il proprio diritto al rientro del capitale prestato. Basta infatti produrre un documento scritto, anche una semplice lettera in cui magari il debitore dichiari la propria impossibilità ad onorare la parola data, per spingere il tribunale ad emettere un decreto ingiuntivo.

Il tutto al termine di un “mini giudizio” che non prevede la partecipazione del debitore, il quale può andare in porto nell’arco di pochi mesi.

Il debitore può essere nullatenente

Una volta che sia stato spiccato il decreto ingiuntivo, il debitore ha 40 giorni di tempo dalla notifica dell’atto per proporre opposizione, oppure pagare spontaneamente. Ove ciò non accada, il creditore può agire nei suoi confronti con un pignoramento. Ad esempio “bloccandogli” il conto corrente o comunque andando a colpirlo da un punto di vista patrimoniale.

Atto che diventa chiaramente impossibile ove il debitore risulti nullatenente, ovvero non abbia beni intestati sui quali rivalersi. A meno che questi non sia in regime di comunione legale dei beni con il coniuge, eventualità che permette al creditore di attaccarne il patrimonio per poter rientrare in possesso almeno del 50% di quanto dovuto.

Inoltre non è neanche possibile rivalersi su un eventuale bene che sia stato acquistato dal debitore con i soldi prestati. A stabilirlo è il codice civile nell’articolo 2744 che vieta il patto commissorio: “È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore”.

Prestito tra privati: l’importante è la chiarezza

Quanto detto sinora, fa ampiamente capire come il prestito tra privati sia una opportunità in più per chi è alla ricerca di prestiti, ma anche la possibile fonte di problemi nel caso lo si affronti a cuor leggero. Mentre invece tutto deve essere previsto per fare in modo da non porre le premesse per veri e propri conflitti. I quali sarebbero ancora più sgradevoli nel caso in cui le parti in causa siano legate da vincoli parentali.

I vantaggi prospettati da questa formula sono in effetti notevoli. Non solo è possibile bypassare le eccessive difficoltà frapposte dal sistema creditizio tradizionale, ma anche dare vita ad una soluzione in grado di essere vantaggiosa per entrambe le parti interessate. Chi presta i soldi può infatti ritagliarsi un rendimento molto interessante. Soprattutto nell’epoca dei tassi di interesse negativi che stanno affossando i conti corrente bancari o postali. Mentre chi lo riceve può godere di condizioni molto più convenienti rispetto a quelle pretese da banche e finanziarie.

Bisogna poi sottolineare come per chi teme il guastarsi di rapporti così stretti, ci sia una ulteriore opportunità, quella offerta dal social lending. Ovvero dall’utilizzo di una piattaforma online come mediatore. Una soluzione che anche in Italia si va facendo sempre più largo.

In questo caso, però, il consiglio è quello di valutare con grande attenzione l’azienda che si propone di fungere da punto mediano tra le esigenze dei privati coinvolti. Nel corso degli ultimi mesi, infatti, il social lending è stato colpito da alcune vicende clamorose. Con piattaforme le quali hanno in pratica raggirato i propri utenti sparendo letteralmente dalla circolazione dopo aver rastrellato cifre anche ingenti. Per evitare operatori truffaldini la strada maestra è quella della massima informazione. Ovvero di una indagine ad ampio spettro in grado di reperire opinioni da parte di chi ha già avuto a che fare con il settore.

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