Prestiti tra privati: c’è l’obbligo di registrazione? Come funziona la normativa?

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Il prestito tra privati si sta segnalando come una possibile scorciatoia di fronte ai tanti problemi che gravano su chi intende fare ricorso al credito tradizionale. Trovando troppo spesso le strade chiuse dal cosiddetto credit crunch. Ovvero dal restringersi dei criteri adottati da banche e finanziarie per decidere chi può accedere ai prestiti e chi, invece, deve assolutamente essere escluso.

La stretta creditizia in atto negli ultimi mesi, dopo lo scoppio della pandemia di Covid, è del resto figlia di una situazione molto complicata. Quella creata negli anni dopo il 2008, quando lo scoppio della bolla dei mutui Subprime negli Stati Uniti ha dato vita a difficoltà sempre più rilevanti per l’economia reale.

Mixandosi alla miope politica che ha in pratica precarizzato un numero sempre crescente di lavoratori. I quali non sono quindi in grado di evidenziare la capacità reddituale necessaria per poter ottenere un finanziamento. Ovvero una busta paga su cui appoggiare il piano di rientro concordato con la controparte.

La precarietà si è poi aggiunta al problema del vero e proprio prosciugamento dei bilanci familiari in atto ormai da lungo tempo. Traducendosi in una mole abnorme di prestiti non pagati dai debitori. Ammonta di conseguenza a 338 miliardi il totale dei cosiddetti NPL (Non Performing Loans), ovvero i crediti insoluti del settore creditizio. Il quale, come risposta, ha dato vita ad una vera e propria serrata.

Il prestito tra privati può essere una soluzione

In questo quadro, è quindi tornato a farsi largo il prestito tra privati. Ovvero quella formula di finanziamento che non vede la presenza di aziende creditizie, ma che mette a confronto soggetti magari legati da un vincolo familiare, da una lunga frequentazione o che, addirittura non si conoscono per nulla, ma vengono messi in contatto da una piattaforma online in modo da trarre entrambi vantaggio dalla formula in questione. In questo ultimo caso si parla di social lending, una pratica sempre più diffusa anche in Italia.

A spingere in questa direzione sono alcune caratteristiche di non poca rilevanza, tali da configurare un notevole beneficio per le controparti. Soprattutto se si riesce a fare in modo da sgombrare il campo dai possibili problemi collegati ad una forma creditizia considerata inusuale. Andiamo a vedere meglio la questione.

Prestiti tra privati: è obbligatoria la forma scritta?

Il prestito tra privati è un accordo. Come tale le norme che lo regolano dovrebbero essere codificate, ovvero trascritte. Non sempre, però, è così. In alcuni casi, proprio in considerazione del forte legame che esiste tra le controparti (ad esempio nel caso di parenti), si preferisce un semplice accordo verbale.

Sono proprio gli esperti del settore, dal canto loro, ad affermare che è molto meglio dare vita ad una scrittura privata in grado di delineare il percorso in grado di risolvere ogni questione. La quale dovrebbe essere redatta seguendo le regole che sono indicate dall’articolo 1813 del codice civile.

Quali sono queste regole? In particolare due:

  1. per quanto riguarda colui che presta i soldi, dovrebbe essere inserita una autodichiarazione tale da precisare che il finanziamento è occasionale e temporaneo e quindi non abituale. In modo da ottemperare al decr. lgs. nr. 385/1993, oltre che alle varie ordinanze della Cassazione, ripetutamente investita nel corso del tempo da questioni di questo genere;
  2. per quanto concerne invece il debitore, sarebbe consigliabile accludere una autodichiarazione nella quale si specifichi che il denaro ricevuto è un prestito, non configurabile quindi come reddito. Una precisazione doverosa al fine di tutelare il debitore dal possibile intervento dell’Agenzia delle Entrate, la quale potrebbe sostenere in un accertamento che non si tratti di prestito ma, appunto, di reddito non dichiarato.

A queste due regole, si vanno poi ad aggiungere alcune clausole essenziali e opzionali. Tra le prime, l’intestazione del contratto, la quale deve recare la formula “ex art 1813 e ss. c.c.”, derivante dal fatto che il mutuo rappresenta in effetti l’unica forma contrattuale prevista per i privati.

Tra le clausole opzionali, il contratto stipulato dovrebbero riportare le modalità del rimborso, ovvero il piano di rientro della cifra concordata. Pur non trattandosi di atti fondamentali, poiché comunque in loro mancanza agiscono l’articolo 1813 e seguenti del codice civile, è sempre meglio menzionarle.

Prestiti tra privati: è obbligatoria la registrazione?

Come abbiamo visto, quindi, non è obbligatoria la forma scritta nell’accordo intercorrente tra le parti, in un prestito tra privati. In conseguenza di ciò non sussiste neanche l’obbligo della registrazione per un prestito tra privati di per sé stesso. Possiamo prestare denaro anche senza prevedere alcuna registrazione della pattuizione prevista.

Naturalmente sarebbe però meglio dare vita ad un accordo scritto, in modo da delineare il percorso di rientro della somma, ove non si tratti di una donazione. E specificare se il prestito è fruttuoso o meno, ovvero se siano previsti interessi, avendo naturalmente cura di tenerli sotto il tasso di usura stabilito dalla Banca d’Italia periodicamente.

Per quanto riguarda la forma scritta, l’obbligo di registrazione subentra solo nel caso si tratti di un contratto o di una scrittura privata. Mentre non sussiste ove invece il prestito sia stipulato per corrispondenza, ovvero in forma epistolare, tramite l’invio di una missiva da una delle parti in causa all’altra, con copia integrale del contratto e spedizione con tanto di firma al mittente.

Perché adottare comunque la forma scritta

A consigliare la forma scritta, comunque, è il fatto che ormai da tempo l’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di prendere visione dei nostri conti correnti. Può quindi notare il movimento di denaro conseguente al prestito privato contratto da due parti e non riuscire a capirne subito la natura.

Nelle attività di investigazione che ne potrebbero conseguire, la scrittura privata potrà perciò fungere da prova del fatto che si tratta di un regolare prestito e non di una attività tesa magari a sottrarre risorse al fisco, configurando quindi il reato di evasione fiscale o riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.

Considerato come non sia necessaria alcuna registrazione se utilizzata la forma epistolare e, quindi spese aggiuntive, si tratta di una precauzione assolutamente da mettere in campo per evitare pericolosi malintesi con il fisco.

Quanto costa la registrazione?

Proprio in relazione al caso in cui si voglia comunque procedere alla registrazione di un contratto, bisogna mettere in conto alcune spese.

In particolare occorre pagare:

  • un’imposta di bollo pari a 16 euro per ogni quattro facciate della scrittura privata;
  • un’imposta di registrazione del 3% sull’importo erogato, che deve essere versata entro 20 giorni dalla data di stipulazione del contratto;
  • nel caso in cui si tratti di un prestito fruttifero, nel conteggio della base imponibile su cui applicare l’imposta di registro del 3% occorre computare anche gli interessi;
  • ove per il prestito siano concesse garanzie da parte del debitore, è necessario anche pagare un’imposta di registro supplementare dello 0,50% sul relativo valore, oltre che un’imposta ipotecaria pari al 2% del valore del bene ipotecato.

L’ultimo quesito è quello relativo a chi spetti pagare le spese di registrazione. Ad indicarlo dovrà essere proprio il contratto registrato, con la possibilità accordata ai contraenti di andare a stabilirne una equa suddivisione tra le parti.

Il pagamento delle spese di registrazione non è comunque dovuto nel caso in cui il deposito del contratto sia derivante dalla necessità di adempiere a un obbligo nei confronti delle amministrazioni pubbliche, oppure sia obbligatorio a termini di legge.

I prestiti tra privati sono perfettamente legali

C’è un’altra domanda che viene spesso posta in relazione ai prestiti tra privati: sono legali? A spingere molte persone a porla è il fatto che non di rado l’Agenzia delle Entrate è intervenuta a gamba tesa su questa soluzione. Ravvisandovi in pratica gli estremi per un tentativo di evasione fiscale. Cui si è poi aggiunta l’azione della Banca d’Italia contro alcune piattaforme di social lending, ovvero contro le loro procedure non proprio trasparenti.

La risposta alla domanda è comunque netta: sono assolutamente legali! E non potrebbe essere altrimenti, considerato come si tratti in fondo di una vecchia consuetudine. Devono però essere strutturati in modo da rispettare le normative esistenti. Facendo quindi in modo che le procedure attivate siano non solo trasparenti, ma anche tali da non infrangere le regole in tema di lotta all’evasione e al riciclaggio di denaro sporco.

Occorre quindi tenere presente che in caso di sforamento della somma di 3mila euro, il trasferimento di soldi deve essere tracciabile. Ovvero essere compiuto tramite assegno bancario o bonifico. Mentre l’utilizzo del contante è valido solo sotto tale soglia. Infrangere questa regola può aprire la strada non solo all’intervento dell’Agenzia delle Entrate, ma anche comportare una denuncia alla magistratura. Ecco perché occorre fare il massimo di attenzione.

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